La storia di Cascina Caccia è la storia di una vittoria, di tante vittorie. Quella della società civile contro la criminalità organizzata, della legalità contro il malaffare, del bene comune contro l’arroganza di pochi. Un racconto corale che dal 2007 – anno in cui a seguito del dispositivo di confisca definitiva la struttura è stata liberata – non ha mai smesso di crescere grazie a nuove voci, nuove occasioni, nuove energie e un grande sogno: disarmare le mafie privandole della risorsa per loro più preziosa, il silenzio. Un sogno che si realizza ogni giorno.

Dedicata alla memoria di Bruno Caccia, Procuratore Capo di Torino, ucciso in un agguato mafioso il 26 giugno 1983 e di sua moglie Carla, la Cascina è diventata un simbolo della lotta alle mafie nel Nord Italia, ma ancora di più, un simbolo di luce e di riscatto. Il bene apparteneva alla famiglia ‘ndranghetista di Domenico Belfiore, reggente di una vera e propria associazione mafiosa che da sola controllava e gestiva il traffico di stupefacenti, l’usura, i sequestri di persona, il gioco d’azzardo e le scommesse in tutta l’area metropolitana di Torino. Domenico venne condannato all’ergastolo nel 1993 come mandante dell’omicidio di Bruno Caccia.

Le redini degli affari di famiglia passarono quindi nelle mani del fratello minore di Domenico, Salvatore, per tutti Sasà, a sua volta arrestato per narcotraffico nel 1994 e condannato con l’aggravante dell’associazione mafiosa: le indagini patrimoniali che seguirono a questo secondo arresto portarono al decreto di confisca dei beni della famiglia Belfiore. Siamo nel 1996, ma solo nel 2007 i Belfiore lasciarono la proprietà permettendone il riutilizzo sociale previsto dalla legge. In questo lasso di tempo la famiglia cercò di ostacolare la confisca con una doppia campagna di raccolta firme nel paese.

La situazione divenne grave a tal punto che venne nominato un Prefetto ad acta che insieme alla coraggiosa azione dell’Amministrazione Comunale di San Sebastiano da Po ha infine permesso nel 2007 l’assegnazione del bene al Gruppo Abele, che ha poi affidato la gestione del progetto all’Associazione ACMOS nel 2008. Oggi Cascina Caccia è un bene aperto al pubblico ed è animata dalla comunità di residenti che abitano l’ultimo piano dello stabile principale.